Buenos Aires, Argentina
  • Bonanza
  • Meteo

Breve storia dell’Argentina

L’Argentina è il paese della diversità e del contrasto: un paese pieno di risorse naturali, terre vergini e un grande centro urbano, Buenos Aires. I suoi paesaggi e climi sono tanto vari così le diverse popolazioni originarie, i conquistatori spagnoli e le successive immigrazioni che insieme dettero origine ad una popolazione eterogenea intrisa di nostalgia ed ottimismo.

Congreso
Gli spagnoli che arrivarono nell’attuale territorio dell’Argentina nel XVI secolo incontrarono popolazioni autoctone molto differenti tra loro. Non si trattava di diversità dovute solo all’aspetto fisico o linguistico, ma molto più profonde a livello di identità di popolo: più di 25 popoli diversi vivono tutt’oggi nel territorio dell’Argentina.
La cultura e l’economia di questi popoli era e rimane strettamente legata al territorio.
Sulla cordigliera del Nord Ovest, i Quechuas nel secolo anteriore alla conquista avevano raggiunto una posizione predominante, praticando coltivazioni di tipo intensivo nella zona de la Puna e allevando lama. I Guaranì nella zona della mesopotamia erano coltivatori, mentre gli abitanti della Pampa, lungo il fiume de la Plata, erano vivevano principalmente di caccia e pesca, come le popolazioni del Sud, Tehuelces e Mapuche.

Durante l’epoca coloniale, gli Spagnoli, nonostante le feroci repressioni, non riuscirono a trasformare l’economia delle popolazioni originarie. La resistenza e lo spirito di autonomia, contagiò in parte agli europei che si stabilirono in queste zone, cosicché infine i lavori agricoli vennero disprezzati, sia dai “mestizos” (nati da matrimoni tra indios e conquistatori) che dai “bianchi”.

Fortin

Nella prima tappa della colonizzazione si formò il concetto di frontiera: esisteva un limite chiaro tra le colonie spagnole e la terra degli “indios” liberi. L’ubicazione di questa frontiera e i suoi spostamenti risultarono di somma importanza per tutta la futura evoluzione di queste terre e della sua popolazione. Fino al secolo XIX non ci fu un’avanzata significativa di questa frontiera nella Pampa che rimase nelle immediate vicinanze di Buenos Aires. Nel territorio occupato s’iniziò a trasformare il suolo, si introdussero nuove coltivazioni e animali come i bovini e i cavalli. Con il tempo gli Spagnoli occuparono le migliori regioni lungo il fiume de la Plata e il Paranà e costrinsero le popolazioni originarie a una vita nomade ed isolata.
In questo contesto l’introduzione del cavallo segna una tappa decisiva per le popolazioni della Pampa e della Patagonia Centrale che da cacciatori diventarono allevatori di bestiame e pastori, sviluppando un legame molto stretto con il cavallo e un metodo di doma proprio, totalmente pacifico, nel quale la pazienza e il potere di persuasione giocano un ruolo decisivo. Il cavallo ebbe anche un ruolo determinante nella guerra con i conquistatori spagnoli prima e con la nazione argentina poi.
Dai frequenti “matrimoni” misti, molte volte in seguito a violenze e rapimenti, tra conquistatori e le popolazioni originarie ebbe origine il “gaucho” la frontiera e le terre libere si avvicinavano sempre di più. Gli spagnoli cercarono di incorporare gli “indios” alle “estancias” (latifondi amministrati dagli spagnoli), facendoli lavorare nell’allevamento del bestiame. Come conseguenza inizia una situazione di dipendenza e di appartenenza alla stessa frontiera, con gli “indios liberi” dall’altra parte. I primi immigrati spagnoli avevo l’usanza di piantare alberi intorno alla casa principale della “estancia” e questa tradizione si conserva ancora oggi. L’ “estanciero” e il “gaucho” iniziano così a convivere: quest’ultimo come impiegato del primo, una relazione che continua fino ai nostri giorni.
Oggi, nonostante la moderna immigrazione europea prevalga nella pampa sull’antica razza mista coloniale, il gaucho continua a occupare uno spazio nella tradizione del folclore popolare per la sua resistenza, valore e sentimentalismo. Il libro per eccellenza che lo esalta è il “Martin Fierro”, che costituisce lettura obbligata per qualsiasi argentino.
Il gaucho continua ad occuparsi di allevamento di bestiame e di attività di artigianato in cuoio chiamato “talabarteria”. Le “estancias” sopravvivono come proprietà terriere, dove si continuano attività agricole e di allevamento del bestiame. In alcuni casi, soprattutto nella provincia di Buenos Aires e in quella di Cordoba e, in parte, della Patagonia, alcune estancias hanno aperto le loro porte al turismo, proponendo ai visitatori alloggio nel “casco” (la casa del proprietario) cibo tipico e, a volte, la partecipazione nelle attività quotidiane tipiche della vita nel “campo”.
Fino dalla conquista del territorio argentino ci sono stati molti personaggi protagonisti – gli “indigeni”, i “mezzo sangue”, gli europei – che lottavano per la integrazione e la libertà dei popoli senza distinzione di etnie. Queste persone decisero confrontare – ciascuna secondo il proprio ambito di azione e le proprie forze – la violenza e la sete di potere nel continente Sud Americano.

Casa Rosada
Alla fine del XIX secolo iniziò l’immigrazione europea in massa: italiani, spagnoli, tedeschi, polacchi, etc. centinaia di europei iniziarono ad arrivare in cerca di una terra prospera che non mancava di risorse e possibilità di sviluppo. Nella provincia di Mendoza si dedicarono alla coltivazione della vite, dando origine ad una attuale e prospera industria del vino; nella zona della pampa esistono coltivazioni estensive di grano e altri cereali.
Di questo periodo è anche la conquista dell’ultima frontiera nell’estremo Sud del paese, contribuendo all’ultima caccia all’ ”indios” nelle zone più remote del paese, rimaste fino a questo punto più inaccessibili. Come risultato di ciò le comunità indigene sopravvissute sono scarse e si incontrano nelle zone montagnose o di difficile accesso o in parte migrarono ai centri urbani delle province e della capitale.
Ai movimenti del XIX si aggregano altre importanti immigrazioni nel XX, specialmente negli anni immediatamente posteriori alle due grandi guerre. Questi gruppi cercarono di rimanere uniti conservando gli stessi costumi dei loro luoghi di origine; nella città di Buenos Aires, tutt’oggi esistono quartieri, come La Boca, dove si concentrarono immigrati italiani, specialmente genovesi, che conservano le loro tradizioni. Nella provincia di Entre
Rios e Cordoba si radicarono comunità di origine tedesca. Molti Polacchi si stabilirono a Misiones. Attualmente ci sono piccoli paesi della Patagonia dove si parla ancora gallese (Gaiman). Nasce in questa epoca il Tango come espressione della fusione di ritmi e melodie unite dalla nostalgia per quanto lasciato e caratterizzato dall’energia che esige comunque il cambio.
L’attuale crisi economica, sociale e politica ha risvegliato l’interesse di molti argentini discendenti di spagnoli ed italiani a cercare nuove opportunità nel loro paese di origine. Si assiste per il momento al fenomeno del “rientro” in Europa.

Puerto Madero

La crisi

La domanda ricorrente da parte di tutti una volta rientrato è: “Ma c’è molta miseria adesso in Argentina?”. La risposta è abbastanza complessa, dato che a fronte di quello che si sente (o meglio si sentiva dire) dai telegiornali, la situazione non sembra molto diversa da quella italiana. La crisi economica ed il fallimento dello Stato ha sicuramente portato sull’orlo della povertà molte famiglie, ad altre ha azzerato i risparmi.
L’impressione però che si ha è che la gente abbia trovato lo stesso il sistema di arrangiarsi e di mantenere un tenore di vita discreto. Lo dimostra il fatto ad esempio che Buenos Aires era poco popolata essendo il periodo delle loro ferie estive. Le località di villeggiatura (sia marittime che montane) erano frequentate, altro segno che poi la gente ha trovato lo stesso il modo di arrangiarsi o che comunque la situazione comincia a tornare normale.
A parte la perdita dei risparmi, chi ha avuto la fortuna di mantenere il posto di lavoro è riuscito anche a mantenere il proprio tenore di vita. Non si vedono i classici sintomi di un’inflazione altissima che di solito accompagna le crisi economiche. Sembra che si sia mantenuta una classe media
abbastanza diffusa.
La “batosta” più pesante è stata sicuramente la svalutazione del peso. Avendo però una importante produzione nazionale di beni, il costo della vita si è mantenuto abbastanza costante, così come i salari. Quello che è successo è che in campo internazionale il peso è passato dalla parità con il dollaro ad un terzo del suo valore. Questo ha significato un boom delle esportazioni (soprattutto la carne che è diventata molto economica) ma un blocco quasi totale delle importazioni. Un rullino fotografico costa infatti come un pranzo in un ristorante di livello medio alto. Se quindi un argentino si può permettere un pranzo al ristorante normale può a fatica permettersi un rullino. Molte cose si sono quindi trasformate in beni di lusso.
A fronte di questo però si vedono tanti segni di “disagio”, ma che spesso indicano una inventiva ed una capacità organizzativa encomiabili. Sono nate le cosiddette mense di quartiere. Più persone si sono infatti organizzate per acquisti collettivi a prezzi più vantaggiosi. Sono nati anche le Redes del Treque, letteralmente le reti del baratto. Nei momenti più pesanti della crisi, quando non esisteva moneta corrente, alcune organizzazioni hanno cominciato a gestire mercati per barattarsi oggetti e cibo. Sono arrivate persino a stampare delle banconote autonome (i cosiddetti creditos o patagones), che con un meccanismo di autosvalutazione a tempo hanno permesso una forte circolazione di beni e servizi con l’effetto di mantenere viva l’economia.
Di questi mercatini del baratto oggi non sopravvive molto, dato che si sono pian piano trasformati in mercatini tradizionali, seguendo la ripresa economica. È ancora però possibile vedere gente venuta per vendere le poche cose che ha in casa, magari anche solo un servizio da tè. Molti venditori però sembrano essersi maggiormente specializzati, diventando in pratica dei piccoli antiquari. Bisogna poi sempre ricordare che essendo una nazione così giovane anche quegli oggetti appartenuti a nonni o bisnonni, che per noi sarebbero solo curiosità, da loro acquistano un valore molto elevato a causa del carico di ricordi. Dover vendere dei ricordi appartenuti ad un nonno emigrato nell’ottocento o novecento deve essere stato duro dal punto di vista psicologico. (Testo di Riccardo Soli, gennaio 2004)

la crisis